Quanto durerà l'Orso
Quanto durerà l'Orso
Sondaggio tra 40 gestori: per la seconda metà dell'anno prevedono un parziale miglioramento del clima sui mercati. I consigli: nel portafoglio meglio mettere più obbligazioni, azioni bancarie e Cina

di Marco Capponi 25/06/2022 00:14

Ftse Mib
33.940,54 17.40.00

-0,96%

Dax 30
17.917,28 18.00.00

-0,95%

Dow Jones
38.001,89 20.36.37

-1,19%

Nasdaq
15.582,15 20.31.51

-0,83%

Euro/Dollaro
1,0726 20.15.59

+0,06%

Spread
139,26 17.29.51

-1,42

Alla fine del 2021, un anno d'oro per i mercati mondiali, i gestori erano convinti che solo un fenomeno potesse bloccare la tempesta perfetta dei rialzi: l'inflazione. Oggi quel timore si è trasformato in realtà: blocchi alle forniture, eccesso di domanda, rally delle materie prime dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno fatto schizzare il carovita a livelli raramente visti. Le banche centrali non hanno potuto fare altro che mettere mano ai tassi d'interesse, applicando dure strette monetarie che hanno spaventato i mercati. Un semestre in cui tutto è cambiato, e che conduce alla doverosa domanda: abbiamo toccato il fondo o il peggio deve ancora arrivare?

Per rispondere quesito al MF-Milano Finanza ha chiesto il parere di 40 gestori di società d'investimento tradizionali, private equity, club deal e family office, che hanno provato a tracciare la rotta (dei mercati e in portafoglio) per i prossimi sei mesi. Ebbene, la prima indicazione emersa è che l'economia globale sta fronteggiando tre rischi di pari portata: la metà dei money manager ha indicato inflazione, recessione e contrazione degli utili aziendali come i tre principali pericoli che andranno monitorati da qui a fine anno. Pericoli, va da sé, che si traducono in un'incertezza estrema sulla sorte delle borse: se quasi il 30% degli intervistati ritiene che nel semestre Piazza Affari possa rimbalzare tra il 5 e il 10%, c'è ancora un 35% che pensa che il peggio non sia ancora passato e che sia opportuno aspettarsi ulteriori ribassi. Analoga sorte è prevista per l'indice delle blue chip europee, lo Stoxx 600, mentre per Wall Street le prospettive sono ancora più fosche: un quarto dei money manager, la maggioranza relativa, è convinto che la borsa americana possa flettere di un ulteriore 5-10% prima di iniziare la risalita.

Un tema che interessa da vicino gli investitori, perché colpisce a cascata tutte le asset class, è l'atteggiamento che adotteranno le banche centrali. Pochi dubbi sul fatto che la Federal Reserve sia stata chiara nella sua comunicazione, e manterrà la rotta già annunciata (lo pensa l'87% degli intervistati). Più incerte le indicazioni che sono arrivate dalla Banca Centrale Europea: per quasi un gestore su tre Francoforte non ha ancora usato tutte le sue cartucce, e le strette monetarie dei prossimi mesi potrebbero essere ancora più dure. Al contempo però la situazione sul fronte dello spread Btp-Bund, dopo i picchi delle scorse settimane (superati i 250 punti), dovrebbe essere sotto controllo: il 60% dei money manager ritiene che il differenziale da qui a fine anno possa rimanere sui livelli attuali, tra 190 e 200.

Anche le pressioni sul petrolio dovrebbero essere già arrivate al loro picco e per oltre il 40% dei gestori il greggio scenderà sotto 100 dollari al barile. Quello che bisognerà capire è se la flessione sarà dovuta a una normalizzazione delle forniture o, nello scenario più funesto, a una contrazione della domanda in presenza di recessione. Poche chance d'altro canto che si realizzi la parità dollaro-euro. Secondo il 46% degli intervistati infatti il biglietto verde, dopo la corsa dei primi sei mesi, è pronto ad avviare una dinamica di indebolimento nei confronti della moneta unica. Tempi amari infine per il bitcoin: i crolli delle ultime settimane hanno alimentato la sfiducia attorno alla regina delle divise virtuali e per la metà dei money manager è probabile una discesa sotto la soglia dei 20.000 dollari.

Se questo è lo scenario, quali scelte adotteranno i gestori in portafoglio? Una prima indicazione (si veda anche l'intervista in pagina) è che dopo due anni turbolenti i mercati cinesi siano pronti al rimbalzo. Lo pensano quasi tre gestori su quattro (73%), e oltre la metà dei partecipanti (53%) ritiene che le borse di Shanghai-Shenzen e Hong Kong possano essere la prima scelta a livello di allocazione geografica dei propri investimenti, appena sotto (55%) gli Stati Uniti. L'Europa, che alla fine dello scorso anno era l'area preferita dal 70% dei gestori, ha perso ora gran parte del suo appeal, e neanche un quarto degli investitori istituzionali la indica come borsa su cui puntare nel secondo semestre.

A livello di asset allocation i money manager hanno pochi dubbi: è tempo di tornare a inserire il reddito fisso nei portafogli, anche in quelli più aggressivi. Alla fine dello scorso anno l'allocazione media di bond in una strategia speculativa si aggirava intorno al 15%: oggi questo valore è quasi raddoppiato, raggiungendo il 28%. Il tutto, considerato che la percentuale di liquidità rimane grossomodo stabile, a scapito dell'azionario, che anche nei portafogli ad alto rischio è sceso dal 72% al 59%.

E Piazza Affari? La dinamica di aumento dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali dovrebbe giocare a favore soprattutto dei titoli finanziari, indicati come prima scelta dal 53% dei gestori, prima dei comparti energia (44%) e pharma (36%). Intesa Sanpaolo conquista lo scettro di titolo preferito dai money manager, segnalato da oltre un terzo del campione. Seguono Eni ed Enel, ma anche la tecnologia (Stm e Nexi), le tlc (Tim), le costruzioni (Buzzi Unicem), la sanità (Amplifon) e il lusso (Campari) raccolgono l'interesse delle case di investimento. Un lusso che piace anche in Europa: Lvmh è la società preferita tra le blue chip del continente, seguita dai semiconduttori di Asml e dal colosso farmaceutico Sanofi. (riproduzione riservata)