Mps-Unicredit, la Fabi apre al modello Intesa. I bond del Monte cercano respiro
Mps-Unicredit, la Fabi apre al modello Intesa. I bond del Monte cercano respiro
Dal 2010 sono stati buttati 20 miliardi di euro di aumenti per Mps, ha detto il segretario generale Sileoni, secondo cui non si può permettere a una banca di fallire, sarebbe un rischio sistemico per il Paese. Il ruolo del Mediocredito e gli asset rilevabili da Unicredit, da Widiba allo storico marchio Mps. Monte in netto rosso

di Elena Dal Maso 03/08/2021 13:25

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Anche oggi Mps viaggia in debolezza, il titolo perde l'1,75% a 1,13 euro mentre Unicredit sale dello 0,97% a 10,01 euro. I due titoli sono coinvolti in un possibile takover della banca milanese su quella toscana, in base a un accordo con il Mef che detiene il 64% del Monte. Nel frattempo le emissioni subordinate del Monte, i titoli Tier 2 che ieri hanno lasciato sul terreno fino al 9%, questa mattina stanno recuperando leggermente terreno.

L'emissione con scadenza 18 gennaio 2028 sale del 2% a quota 78,781, mentre quella il 10 settembre 2030 scambia a 89,556, in crescita dell'1,22%. Si tratta di obbligazioni che scattano a tutela del capitale in caso di stress, come è emerso dall'esito dei test sulle banche effettuato dall'Eba, dal quale il Monte è uscito ultimo in classifica a livello europeo. Inoltre non è certo che Unicredit rileverebbe il debito emesso dal Monte sul mercato, anche se a quel punto se ne farebbe probabilmente carico lo Stato.

Tra le molte le questioni che saranno oggetto di confronto nelle prossime settimane fra le due parti, Unicredit e Mef, emergono tre nodi: il perimetro oggetto di acquisizione, il futuro della sede centrale a Siena e la neutralizzazione delle cause legali in capo al Monte. Secondo fonti di stampa, un aspetto critico è la gestione direzione generale di Siena. Unicredit non intenderebbe incorporare un quartier generale che duplicherebbe le funzioni direzionali. L'assorbimento della sede potrebbe essere fatto a patto di farne una direzione regionale. Nel complesso, comunque, è prevista una profonda riorganizzazione, con circa 5-7mila esuberi, tema su cui il Mef sta ragionando con un fondo ad hoc.

Oltre alla banca resta da capire il futuro delle società prodotto, dalla banca per le imprese Mps Capital Services al Leasing&Factoring, alla fiduciaria. Così come da definire è anche il futuro del marchio, che in teoria potrebbe essere acquistato dalla stessa Unicredit in quanto avviamento e lasciato come brand commerciale del gruppo. Per Unicredit potrebbe esserci invece interesse per Widiba, banca digitale di Mps che sta registrando tassi di crescita significativi in termini di raccolta e ha una piattaforma tecnologica interessante.

C'è poi la questione della rete commerciale. L'idea di Unicredit è quella di rafforzarsi nei territori più produttivi, in particolare nel Centro-Nord, dove si trova il 77% degli sportelli di Siena: sommando le quote di mercato, in Toscana la banca milanese potrebbe superare il 21% del mercato, in Lombardia arriverebbe all'11%, in Emilia Romagna sfiorerebbe il 17%, in Veneto oltre il 20%. Molto meno interesse invece ci sarebbe per la rete del Sud di Mps.

Intanto oggi il segretario generale della Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani), Lando Maria Sileoni, intervistato durante la trasmissione Radio Anch'io in onda su Radio Rai Uno, ha spiegato che "sono state esasperate delle situazioni e i numeri non sono quelli letti finora. Unicredit, se fossero confermate le indiscrezioni di stampa, potrebbe prendere 1.250 sportelli di Mps su 1.400, con circa 100 filiali che, molto probabilmente, potrebbero essere rilevate dal Mediocredito Centrale che ha già la Popolare di Bari perché c'è un progetto di costruire una grande banca del Sud".

La disinformazione, ha aggiunto Sileoni, "toglie fiducia alla clientela e ai cittadini. Dal 2010 sono stati buttati 20 miliardi di euro di aumenti di capitale per Mps. Vorrei ricordare a tutti i clienti delle banche che ci ascoltano che se fallisse una banca, ci sarebbe un rischio sistemico per l'economia di tutto il Paese. E non possiamo permettere che 22mila lavoratrici e lavoratori di Mps vadano a casa".

Se si concluderà la trattativa per la cessione del Monte tra il Mef e Unicredit, ha proseguito Sileoni, "il cui esito, comunque, non è affatto scontato, e quindi si arriverà a un accordo, per noi il problema principale sarà la presenza di eventuali esuberi. Noi abbiamo un ammortizzatore sociale, il Fondo esuberi, nato da un accordo sindacale sottoscritto nel 2000 con le banche." Il fondo ha permesso di gestire tutte le crisi del settore bancario, ha chiarito Sileoni, "evitando i licenziamenti mentre in Europa ce ne sono stati circa 360mila a partire dal 2010".

Il Fondo "non è mai costato un euro allo Stato, perché è finanziato dalle banche, consente di prepensionare il personale degli istituti di credito con un anticipo fino a 7 anni". Con questo sistema le banche hanno prepensionato, su base volontaria, "70mila lavoratrici e lavoratori, appunto senza licenziamenti. E, grazie a un altro fondo, quello per l'occupazione, abbiamo assunto 30mila giovani. Con questo sistema, abbiamo abbassato il costo del lavoro nelle banche italiane rispetto al settore bancario europeo", ha precisato Sileoni.

Durante la trasmissione Radio Anch'io, Sileoni ha concludo spiegando che, "nel caso del Montepaschi, serve un finanziamento da parte del Tesoro che ha il 64% della banca. Il Tesoro dovrà dare del denaro a Mps che girerà quei soldi al Fondo. Io non capisco tanta agitazione su questo argomento visto che, salvo qualche formalismo tecnico, è una operazione fotocopia di quella fatta a giugno 2017 in occasione del salvataggio delle due banche venete da parte di Intesa Sanpaolo: lo Stato intervenne con oltre 5 miliardi di euro". (riproduzione riservata)