Roma e Parigi provano a riprendere il filo dei rapporti diplomatici. Il presidente francese Emmanuel Macron questa sera sarà ricevuto dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Sono trascorsi sette mesi da quando il governo d’Oltralpe richiamò l’ambasciatore per consultazioni dopo quelli che vennero definiti attacchi senza precedenti da parte di esponenti dell’allora maggioranza gialloverde. Erano i giorni degli ammiccamenti grillini alla protesta dei gilet gialli e delle critiche M5S contro il franco Cfa utilizzato da alcuni Paesi africani, ma anche dei contrasti sul tema della gestione dell'immigrazione e dei controlli alle frontiere dopo i numerosi blocchi della polizia francese al confine di Ventimiglia.
Prima di vedere il premier, alle 19:30, Macron avrà però un colloquio con il Capo dello Stato Sergio Mattarella. La visita potrebbe quindi diventare l’occasione per tirare fuori dal cassetto il Trattato del Quirinale cui il governo di Paolo Gentiloni aveva lavorato prima delle elezioni del 4 marzo 2018. Lo scopo era dare vita un meccanismo di cooperazione bilaterale, idea nata come risultato del vertice di Lione a settembre 2017 con l’intento di consolidare i rapporti altalenanti tra i due Paesi.
In cima ai dossier sul tavolo degli incontri ci sarà il tema migranti. Italia e Francia, assieme alla Germania stanno lavorando a un meccanismo di ripartizione. La questione sarà al centro del vertice a sei con Finlandia Malta e Commissione europea in agenda il 23 settembre alla Valletta. A dividere i due Paesi sono in particolare la questione porti e su quali debbano essere i migranti destinati a essere ricollocati in Europa. Su quest’ultimo punto l’Italia punta a includere anche i cosiddetti migranti economici, mentre Parigi vorrebbe limitarsi a coloro che possono vedersi riconoscere lo status di rifugiato. I francesi inoltre ritengono che i migranti vadano sbarcati nel porto più vicino al luogo di salvataggio, mentre l’Italia vorrebbe una rotazione che oltre ai porti della penisola e ai maltesi includa altri scali nel Mediterraneo.
A tenere banco sono anche i fascicoli economici. Due partite industriali, su Telecom e Mediaset, coinvolgono Vivendi. La campagna italiana del finanziere bretone Vincent Bolloré è arrivata al momento decisivo. La più dure è al momento quella contro Silvio Berlusconi, la holding Fininvest e il network tv di Cologno Monzese. Al momento, Bolloré pare con le spalle al muro. Da oltre un anno la partecipazione di Vivendi (28,8%) è stata in gran parte (19,9%) congelata nel trust Simon Fiduciaria, in seguito alla decisione dell’Agcom. E in questo momento, come ricordato da Milano Finanza in edicola, il gruppo francese ci perde un euro secco per azione, visto che le azioni del Biscione, in carico a 3,7 euro, trattano a 2,77 euro. Soglia che corrisponde a quella del recesso indicata da Mediaset per la fusione transfrontaliera con la controllata spagnola e la conseguente nascita della newco olandese, MediaforEurope. Ed è proprio sul recesso che si gioca la sfida di Bolloré, anche se il suo gruppo pare non sia intenzionato a esercitare tale diritto, tanto più che ha chiesto l’iscrizione al registro del voto maggiorato di Amsterdam.
Ancora da chiudere è anche la partita dell’acquisizione di Fincantieri dei Cantier des Atlantique (la ex Stx France). L’operazione attende ancora il via libera dell’Antitrust europea chiamata in causa dal garante per la concorrenza francese e dalla Germania. I tempi si sono dilungati. E non è soltanto l’amministratore delegato del gruppo triestino, Giuseppe Bono, a lamentarsi. Anche il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire ha avuto da ridire. “In Europa”, ha detto da Cernobbio, “tutto si muove troppo lentamente e ci si deve rendere conto di questo. Non possiamo aspettare 6 mesi, 12 mesi 18 mesi per una decisione della Commissione”.
Non è neppure escluso che l'incontro serva a chariil dossier Fiat-Renault, data la possibile ripresa del negoziato fra i colossi dell'auto, e la situazione in Libia. (riproduzione riservata)