Guerra Usa-Iran remota. Il prezzo del petrolio ritraccia, per ora
Guerra Usa-Iran remota. Il prezzo del petrolio ritraccia, per ora
Il prezzo del greggio scende dopo che l'Arabia Saudita ha rassicurato sui tempi di recupero della propria produzione in seguito all'attacco subito. Ora il focus torna sui fondamentali, senza escludere il rischio di ulteriori attacchi

di Roberta Castellarin 18/09/2019 11:35

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Dopo la fiammata dei giorni scorsi il prezzo del petrolio tratta in calo, con il Wti a 59 dollari il barile e il Brent a 64,4 dollari, dopo che alcune indiscrezioni di stampa hanno riferito che la produzione di greggio dell'Arabia Saudita verrà ripristinata ai livelli normali in due o tre settimane circa, più velocemente di quanto era stato inizialmente previsto. Ma soprattutto sembra sempre più remota l'ipotesi di una guerra Usa Iran, che sarebbe difficile da sostenere nella nuova campagna elettorale che dovrà avviare il presidente Donald Trump per essere riconfermato il prossimo anno alla Casa Bianca. Intanto i dati sulle scorte settimanali di petrolio Usa Api hanno fotografato una crescita pari a 0,6 milioni di barili. 

Tornando alla crisi in Medioriente Saudi Aramco, la compagnia petrolifera statale del Regno, dovrebbe ristabilire in tempi veloci circa il 70% dell'output di 5,7 milioni di barili di oro nero al giorno. Questa notizia ha fatto rapidamente cambiare il sentiment del mercato, portando molti operatori a smantellare le posizioni in greggio assunte sull'onda dello shock. Un movimento che non era, però, supportato dai fondamentali e sta quindi ritracciando. A preoccupare gli investitori, oltre alle implicazioni dirette dell'aumento del costo del greggio sull'indice dei prezzi al consumo e alla produzione globale, è tuttavia la forte fonte d'incertezza che tale evento esercita sul fronte geopolitico.

Il mittente dell'attacco sembra essere infatti ancora ignoto. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha accusato ieri il governo di Teheran come mandante dell'offensiva, ma ha dichiarato di non avere fretta di rispondere. Il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha invece negato qualsiasi coinvolgimento con quanto accaduto, affermando che questa sia stata una "risposta reciproca" all'aggressione contro lo Yemen. Il ministro degli Affari esteri saudita si è però schierato dalla parte di Trump, evidenziando come dalle prime indagini sarebbe emerso che le armi utilizzate nell'attacco provenissero proprio dall'Iran. "Gli accertamenti per determinare la fonte dell'attacco sono ancora in corso", ha precisato il funzionario.

Ciò che è certo è che un coinvolgimento militare da parte di queste tre potenze incrementerebbe ulteriormente le incertezze geopolitiche globali, con il rischio di aggravare una condizione economica mondiale già in rallentamento. Gli eventi geopolitici hanno una tendenza storica di esagerato impatto iniziale sui mercati, mentre dopo un primo momento il loro effetto è minore", afferma Steven Wieting di Citi. "Il grado di escalation con l'Iran è il problema più critico per i rischi di approvvigionamento a lungo termine, niente a che fare con la temporanea interruzione della produzione da parte dell'Arabia Saudita", precisa l'esperto.

"Un rally del mercato petrolifero e il rallentamento economico globale, guidato da Cina, Germania e Stati Uniti formano un pessimo cocktail, visto che un tale rialzo dei prezzi del greggio comporta anche il rischio di recessione", osserva inoltre Ole Hansen di Saxo Bank. "La maggior parte dei produttori di petrolio vorrebbe idealmente vedere un aumento dei prezzi dell'oro per accrescere i propri bilanci, ma questo non è un modo sostenibile per farlo", aggiunge l'esperto.

Intanto Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, a margine della presentazione del libro "Cha ching, l'arte del risparmio", ha dichiarato "Personalmente quello che è accaduto finora non mi pare che possa far pensare di per sé a una riduzione stabile della fornitura di greggio e anche di raffinati". Secondo Gros-Pietro, "molto dipenderà dalla rapidità con la quale questo grande impianto verrà riparato, ma non è l'unico grande impianto al mondo. Quindi ci sarà una temporanea diversione dei flussi e altri produttori potranno parzialmente compensare la riduzione dei flussi dall'Arabia Saudita, che però rimane un grandissimo produttore".

"Storicamente forti incrementi del prezzo del petrolio solitamente hanno sempre determinato rallentamenti nella crescita o addirittura segni negativi della crescita", ha proseguito. "Se l'impennata dei prezzi del petrolio fosse rilevante e duratura sicuramente ci sarebbero effetti", ha concluso.

Proprio su questo tema specifico Nevine Pollini, senior commodity analyst di Union Bancaire Privee, si aspetta che nel medio-lungo termine gli attacchi agli stabilimenti di Saudi Aramco "avranno un impatto limitato sugli equilibri dell'offerta a livello globale. Riteniamo che l'andamento del prezzo del petrolio potrebbe influenzare l'esito delle elezioni negli Stati Uniti, in quanto interruzioni importanti e prolungate dell'offerta potrebbero minacciare la già fragile economia statunitense. In quest'ottica, il presidente Trump, che corre per la rielezione, ha chiesto ai produttori nazionali di aumentare la loro produzione e ha acconsentito al ricorso alle riserve strategiche di petrolio statunitensi, se necessario".

L'esperta evidenzia poi che "nell'attuale contesto macroeconomico in rallentamento, molti Paesi temono l'impatto dell'escalation del conflitto in Medio Oriente, specialmente quelli che fanno affidamento sulle importazioni di energia, tra cui Cina e Giappone, che sarebbero i più esposti all'impennata dei prezzi del petrolio".

Più cauti gli esperti di Ubs che sottolineano come la capacità di riserva disponibile per gestire ulteriori interruzioni dell'approvvigionamento sia attualmente solo di un milione di barili al giorno, che equivale all'1% dell'offerta globale. "Non possiamo escludere la possibilità di attacchi simili alle principali infrastrutture energetiche saudite in futuro. Ci aspettiamo che gli operatori di mercato mantengano un premio di rischio sui prezzi del petrolio nei prossimi mesi. Alziamo quindi la nostra gamma di trading di tre mesi di 6 dollari al barile a 59-71 dollari al barile per Brent e del Wti a 54–67 dollari al barile. Monitoreremo attentamente i dati di tracciamento delle petroliere sulle esportazioni saudite e su come gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita reagiranno agli attentati del fine settimana. Cioè se le tensioni in Medio Oriente rientreranno o meno", dice il report di Ubs. (riproduzione riservata)