Guerra delle monete, ne resterà solo una
Guerra delle monete, ne resterà solo una
Mentre le banche centrali preparano le loro divise digitali, il bitcoin ha sfiorato i massimi storici ma ora teme una stretta sulla regolamentazione. Alcuni boss della finanza lo comprano, altri invece lo imitano. Sfida finale tra vecchie e nuove valute

di di Marcello Bussi 28/11/2020 02:00

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Un tweet ha rovinato la festa. Dopo più di due anni di sofferenze il bitcoin aveva rialzato la testa ed era ormai arrivato a un passo dal nuovo record di tutti i tempi a quota 20.000 dollari. Ma giovedì 27 si è verificato uno di quei crolli un tempo tipici della madre di tutte le criptovalute: nel giro di mezz’ora il bitcoin è precipitato da 19.125 a 16.242 dollari. Un disastro causato dal tweet di Brain Armstrong: il ceo di Coinbase, una delle più importanti e affidabili borse di criptovalute, ha espresso il timore che con un colpo di coda, prima di lasciare il posto all’Amministrazione Biden, il segretario al Tesoro uscente, Steve Mnuchin, possa proibire i passaggi di bitcoin tra le borse e i portafogli anonimi, che spesso sono quelli più ricchi. Quando era alla Casa Bianca Barack Obama disse che usare il bitcoin è come avere un conto svizzero in tasca. Se si realizzassero i desideri di Mnuchin, tutto questo, almeno negli Stati Uniti, non sarebbe più vero. E così il bitcoin è crollato.

Il tweet di Armstrong ha riportato alla ribalta l’avvertimento del re degli hedge fund Ray Dalio: «Se il bitcoin salirà troppo, i governi lo metteranno al bando». E’ vero che, come sostiene Paolo Ardoino, padre tecnico di Tether, la prima stablecoin, «uno Stato che mettesse al bando le criptovalute lascerebbe agli altri Stati una tecnologia così importante. Un tentativo del genere può riuscire solo se tutto il mondo si mettesse d’accordo di proibirle. Ma ormai tutti hanno capito che il bitcoin non sparirà». Sarà, ma secondo Luca Venturini, sviluppatore del bitcoin, «il suo futuro è binario: sparire o fare sparire le valute fiat. In termini di valore, un euro varrà zero oppure un bitcoin varrà zero. La coesistenza dei due è solo un fenomeno transitorio». Gli investitori sono consapevoli dell’equilibrio precario del bitcoin, che dal punto di vista tecnologico è vincente, ma, si sa, bisogna fare i conti con la politica e con la finanza tradizionale («il bitcoin è tanto odiato perché, come Internet, potrà creare molti disoccupati», sottolinea Venturini).
Intanto va registrato che gli investitori radicalmente cambiati rispetto a quelli che furono protagonisti e spesso vittime dello sconcertante rally del 2017, quando dai 999 dollari del 1° gennaio arrivò al record non ancora battuto di 19.891 dollari il 16 dicembre. All’epoca a investire sul bitcoin erano quasi tutti nerd che avevano cominciato per gioco, gente di malaffare o sprovveduti che speravano di fare soldi in fretta. La maggior parte di costoro è stata spazzata via dal crollo che ha fatto precipitare il bitcoin fino ai 3.200 dollari del 16 dicembre 2018. In quell’anno i media mainstream hanno dipinto il bitcoin come il male assoluto, moneta della mala e strumento di mille truffe mentre iniziavano procedimenti giudiziari come quello contro Tether, ancora in corso negli Stati Uniti (un Tether è garantito da un dollaro, attualmente ce ne sono in circolazione circa 19 miliardi, quindi l’omonima società dovrebbe avere depositati 19 miliardi di dollari). Forse si pensava che alla fine anche le whales, le balene, ovvero coloro che hanno in portafoglio almeno 1.000 bitcoin, cedessero alle pressioni e vendessero, azzerando così il valore della criptovaluta. Non è stato così. Dal dicembre 2018 è iniziata la risalita, che dapprima è stata lenta, ma che quest’anno ha registrato una brusca accelerazione. Nonostante i ribassi degli ultimi giorni, nella serata di venerdì 27 il bitcoin guadagnava da inizio anno il 133% a 16.724 dollari.

Nel frattempo l’investitore tipo, come accennato, è cambiato. Nel business del bitcoin sono entrati gli istituzionali e alcune vecchie volpi della finanza tradizionale: in Italia Carlo De Benedetti due settimane fa ha detto che non si stupirebbe di vedere raddoppiare il prezzo del bitcoin nel giro di sei mesi, mentre Stanley Druckenmiller, per lunghi anni il più stretto collaboratore di George Soros, è convinto che quella sul bitcoin sia una scommessa migliore dell’oro.
Intanto la Cina ha lanciato lo yuan digitale e la stessa cosa si sta preparando a fare la Bce con l’euro. Per ora il dollaro è rimasto indietro nella corsa, che rischia di avere sorprendenti sviluppi geopolitici. Mentre Libra, la stablecoin di Facebook, ha annunciato che finalmente esordirà nel gennaio prossimo, non più ancorata a un paniere di valute, come nel progetto iniziale, ma al dollaro, tale e quale a Tether. Spronato dal successo delle criptovalute, tutto il mondo fintech è in fermento, tanto che il fenomeno ha finito per riguardare Piazza Affari con la nascita del colosso tutto italiano dei pagamenti digitali Sia-Nexi. Dall’attacco frontale all’abbraccio, che potrebbe soffocare proprio il bitcoin. (riproduzione riservata)