Goldman Sachs, il mercato Orso è ciclico ma guidato dagli eventi
Goldman Sachs, il mercato Orso è ciclico ma guidato dagli eventi
Goldman Sachs suddivide i mercati ribassisti in 3 categorie: ciclici (-30% in 2 anni), guidati dagli eventi (-30% in 6 mesi) e strutturali (fino a -60% in 3 anni e impiegano un decennio riprendersi)

di Antonella Ladisi 26/06/2022 15:11

Ftse Mib
34.248,00 10.01.00

-0,07%

Dax 30
18.005,19 10.01.16

-0,46%

Dow Jones
38.460,92 9.35.59

-0,11%

Nasdaq
15.712,75 7.25.12

+0,10%

Euro/Dollaro
1,0717 9.45.55

+0,29%

Spread
138,08 10.15.41

-2,61

La maggior parte dei mercati azionari è entrata in una fase ribassista, ma non tutti i mercati ribassisti sono uguali. Possono essere più o meno profondi, di durata più o meno lunga e con una caduta più o meno significativa. Goldman Sachs ha svolto un’analisi sulle caratteristiche dei mercati ribassisti e ha distinto tre tipologie: strutturali, quelli colpiti da squilibri strutturali e bolle finanziarie, o anche da uno shock di "prezzo"; ciclici, turbati da un aumento dei tassi di interesse, o da una recessione o calo dei profitti; e mercati guidati dagli eventi, ovvero colpiti da uno "shock" una tantum come una guerra, impennata o crollo improvviso del prezzo del petrolio, o crisi dei mercati emergenti. A seguire, ne ha analizzato la performance media e la duration per ciascuno.

Performance e duration per ciascuno dei tre mercati orso

Lo studio ha evidenziato che rientrano nella categoria dei mercati ribassisti strutturali quelli tra il maggio 1835 e il marzo 1842, oppure tra febbraio 1873 e giugno 1877, tra settembre 1929 e giugno 1932, tra marzo 1937 e aprile 1942, tra gennaio 1973 e ottobre 1974, tra marzo 2000 e ottobre 2002, e quelli tra ottobre 2007 e marzo 2020. I ciclici invece comprendono i mercati ribassisti tra agosto 1874 e 1848, tra dicembre 1852 e ottobre 1857, tra marzo 1858 e luglio 1859, tra ottobre 1860 e luglio 1861, tra aprile 1864 e aprile 1865, tra giugno 1881 e gennaio 1885, tra maggio 1887 e agosto 1893, tra , tra settembre 1902 e ottobre 1903, tra dicembre 19009 e dicembre 1914, tra novembre 1916 e dicembre 1917, tra luglio 1919 e agosto 1921, tra maggio 1946 e marzo 1948, tra novembre 1968 e maggio 1970, tra novembre 1980 e agosto 1982, tra luglio 1990 e ottobre 1990. Per finire tra i mercati ribassisti guidati dagli eventi ci sono quelli tra settembre 1906 e novembre 1907, tra agosto 1956 e ottobre 1957, tra dicembre 1961 e giugno 1962, tra febbraio 1966 e ottobre 1966, tra agosto 1987 e dicembre 1987, tra febbraio 2020 e marzo 2020.

Due sono le questioni critiche che gli investitori devono fronteggiare: capire fino a che punto le azioni potranno subire un aggiustamento e cercare di prevedere quali saranno le caratteristiche del nuovo ciclo. Gli spread nei rendimenti riflettono due aspetti: i cambiamenti nel costo del capitale e quelli nei tassi di interesse reali, che influenzano maggiormente gli asset con una duration più lunga e le parti cicliche del mercato più esposte a una recessione. Da inizio anno, “il nostro paniere di società tecnologiche non redditizie è sceso del 53%, il Nasdaq del 31% (con un terzo dei componenti diminuito di oltre il 70%), mentre sia il Ftse 100 sia l’Ibovespa risultano in calo del 4%”, fanno notare gli esperti.

Prezzi più in linea con uno scenario di recessione poco accentuata

Nonostante si sia verificato un notevole declassamento e alcuni scambi nelle piazze finanziarie siano al di sotto delle valutazioni medie, i prezzi risultano più in linea con uno scenario di recessione poco accentuata rispetto a quello di una più profonda o nella media, esponendo gli investitori a un ulteriore peggioramento delle loro aspettative. "Negli ultimi 30 anni ogni recessione è stata determinata da uno shock della domanda ma quello che dobbiamo fronteggiare ora è uno shock delle forniture”, dicono a Goldman Sachs; il che comporta una politica monetaria meno efficace e richiede un maggior intervento fiscale e “ciò è particolarmente vero quando il rapporto debito/pil è più elevato”.

Gli esperti di Goldman Sachs ritengono che il ciclo post moderno sarà materialmente differente dagli ultimi due cicli: i rischi di inflazione, le risorse più scarse e la maggior regionalizzazione probabilmente si tradurranno in maggiori investimenti con margini e ritorni più bassi per gli investitori. In media, i mercati ribassisti ciclici e quelli guidati dagli eventi generalmente tendono a registrare un calo del 30% circa rispetto al livello di picco, con dei distinguo però in termini di durata.

I primi si protraggono mediamente per due anni e ne impiegano circa cinque per tornare completamente al punto di partenza; mentre i secondi tendono a durare circa sei mesi e a riprendersi entro un anno. “Abbiamo rilevato che il valore minimo in un mercato ribassista ciclico generalmente viene raggiunto 6-9 mesi prima rispetto al minimo toccato dall’utile per azione, e 1 o 2 trimestri prima del nadir economico post picco dell’inflazione. Il punto di svolta, invece, si verifica spesso quando le aspettative sui tassi iniziano ad essere moderate”, precisano alla banca d'affari Usa. Quelli strutturali sono i peggiori per Goldman Sachs dal momento che i cali medi sono di circa il 60% su un orizzonte di tre anni e impiegano un decennio per riprendersi completamente.

Goldman Sachs: l’attuale mercato ribassista è ciclico

Per esempio, la bolla del mercato immobiliare in Usa e il deleveraging dei bilanci del settore privato nel 2008 hanno comportato una crisi finanziaria globale e un mercato ribassista strutturale, mentre il mercato ribassista causato dalla pandemia è un classico esempio di depressione guidata dagli eventi, in quanto innescato da uno shock esogeno. “Consideriamo l’attuale mercato ribassista come ciclico” avvertono da Goldman Sachs, riconoscendo tuttavia che “alcune caratteristiche sono guidate dagli eventi (come la decisione della Russia di invadere l’Ucraina) mentre gli aumenti speculativi che hanno caratterizzato la fase immediatamente precedente (in particolare nei comparti della tecnologia e delle criptovalute) riportano al modello strutturale. Ma non lo descriveremo come strutturale”.

In quest’ultima categoria i bilanci del settore privato sono insolitamente robusti (sia per le famiglie, sia per le società che per le banche), il mercato del lavoro rimane forte, e nonostante il calo dei prezzi non vi è uno shock sistemico e i mercati del credito rimangono illesi. In un tipico mercato ribassista ciclico l'inflazione e i tassi di interesse sono in aumento e i mercati prezzano il rischio di una recessione. “Ci sembra che la maggior parte dei mercati azionari stia valutando il rischio di una lieve e non profonda recessione” spiegano. La maggior parte dei mercati cessa di muovere al ribasso quando le condizioni economiche sono ancora scarse, ma si ha la sensazione che non stiano peggiorando con lo stesso ritmo. “Anche se i rendimenti non dovessero salire, sembra probabile che i mercati prezzeranno almeno il rischio che lo facciano prima di assistere a una vera e propria ripresa”.

“Riteniamo, quindi, di essere nelle ultime fasi di un tipico mercato ribassista ciclico che si caratterizzano per l'aumento del costo del capitale e i timori di recessione, e di essere al contempo all’inizio di un ciclo strutturalmente diverso”, fanno sapere. Quello che viene definito dagli esperti un "ciclo moderno" si caratterizzerà per cinque temi: un’inflazione più rischiosa della deflazione in quanto comporterebbe un aumento del costo del capitale, una regionalizzazione che domini sulla globalizzazione, scarsità delle risorse con manodopera e materie prime più costose, necessità di maggiori investimenti, e maggiore focus sui margini piuttosto che sui ricavi. Inoltre i rendimenti azionari dovrebbero essere più fiacchi mentre i tassi di interesse più elevati (sia in termini nominali che reali): “ci aspettiamo un più fat & flat" piuttosto che un mercato rialzista secolare con una maggiore attenzione all'alfa invece che al beta” sentenziano.

Ogni ciclo è a sé ma i tagli dei tassi o almeno le aspettative su di essi sembrano coincidere con il minimo del mercato. Questo è particolarmente vero con i mercati ribassisti ciclici, meno per quelli strutturali. “Lo scenario attuale è forse peggiore rispetto a quello dei mercati ribassisti, dati l’inflazione elevata e i forti aumenti dei tassi delle banche centrali” ritengono gli esperti. Finora, l'inflazione ha continuato a sorprendere al rialzo, così come le aspettative dei consumatori su di essa. Se ciò dovesse continuare, sarà maggiore la pressione sulle banche centrali per inasprire le condizioni. Vi sono anche preoccupazioni più strutturali, date le difficoltà delle catene di approvvigionamento globali, gestione just in time dell'inventario, un mercato del lavoro ristretto che potrebbe comportare costi più alti e un aumento dei tassi di interesse che andrebbe di conseguenza a colpire le aziende più indebitate. Periodi di maggior inflazione sono generalmente associati a valutazioni azionarie inferiori.

Finanziari ed energetici a buon mercato

Nonostante ciò, la valutazione dell’S&P 500 è in linea con la media. Al di fuori del contesto americano, l’azionariato globale è scambiato con un rapporto P/E al di sotto di 12 volte, che non sta scontando ancora una profonda recessione. Tuttavia, la deviazione standard è al di sotto della media degli ultimi 10 anni, il che comporta un’asimmetria positiva in termini di ritorni di medio termine. In particolare le azioni finanziarie rimangono a buon mercato e stanno già scontando una recessione, mentre quelle energetiche o relative a materie prime risultano ancora economiche con possibilità di guadagno interessanti. “Questa bassa valutazione dovrebbe fungere da cuscinetto qualora il mercato ribassista continui e le condizioni finanziarie continuassero a restringersi”, continuano gli analisti di Goldman Sachs. Le azioni europee tendono ad essere con un beta più elevato e di conseguenza sono più sensibili alle recessioni e risultano peraltro più legate agli spread sovrani, tornati sotto i riflettori nelle ultime settimane da quando la Bce ha deciso di ridurre l’entità dei suoi aiuti. Inoltre, sono maggiormente dipendenti dal gas russo e più esposte al conflitto in Ucraina. In conclusione, l’Europa è più dipendente dagli spread sovrani e dai fattori di rischio generali, mentre gli Usa sono più esposti ai rendimenti del Treasury Usa. (riproduzione riservata)