Così la riduzione del bilancio Bce influenzerà i titoli di Stato
Così la riduzione del bilancio Bce influenzerà i titoli di Stato
Francoforte si prepara a lanciare il Quantitative Tightening (Qt), un’operazione senza precedenti nella sua storia. Nel 2023 saranno sul mercato 500 miliardi di titoli di Stato europei netti, record dal 2010  

di di Francesco Ninfole 09/12/2022 21:50

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La riduzione dello stimolo monetario della Bce è iniziata un anno fa, come sanno le famiglie e le imprese che già da tempo hanno visto salire il costo dei prestiti. Francoforte ha innanzitutto terminato gli acquisti netti dei programmi Pepp e App. Poi, a partire da luglio, ha aumentato i tassi di 200 punti base, il maggiore incremento nella storia dell’euro. I rialzi proseguiranno nella riunione del 15 dicembre: gli analisti scommettono su una mossa da 50 punti base, ma non è escluso un aumento di 75. Altre strette proseguiranno nel 2023, quando sarà iniziata la contrazione del pil e i tassi saranno entrati in territorio restrittivo (quello che frena ulteriormente l’economia). Ma il 15 dicembre la Bce, oltre ai tassi, avvierà i lavori per un altro strumento per restringere le condizioni finanziarie e frenare l’inflazione: è il cosiddetto Quantitative tightening (Qt, l’opposto del Quantitative easing o Qe), ovvero il mancato reinvestimento di parte dei titoli scaduti del programma App, un fattore che restringerà i margini di manovra dei governi (a cominciare da quello italiano) sulle politiche fiscali.

L’effetto delle Tltro

La Bce in realtà ha già iniziato in senso tecnico la riduzione del bilancio attraverso il rimborso dei prestiti Tltro che le banche avevano ricevuto a condizioni di favore dall’Eurosistema. Il 9 dicembre gli istituti di credito europei hanno restituito altri 447,5 miliardi di euro (di cui 29 miliardi da Unicredit, 12,5 da Banco Bpm, 5,5 da Intesa Sanpaolo), che si aggiungono ai 296 di novembre (di cui 13 da Intesa) e a scadenze di fine anno per 52 miliardi. La riduzione del bilancio Bce è già stata così di 796 miliardi, il 10% del totale. Altri 670 miliardi di Tltro scadranno entro giugno.

Ora tocca al Quantitative tightening

Fatta questa premessa, nel 2023 inizierà anche il calo vero e proprio del bilancio con il Qt. Alcuni titoli non saranno più rinnovati. Le modalità dell’operazione non sono state ancora definite. Come ha detto nell’intervista a MF-Milano Finanza Philip Lane, capoeconomista e membro del comitato esecutivo della Bce, sarà «un processo in due fasi»: la prima sarà definire i principi, la seconda sarà concordare la tempistica. Così non ci sarà un avvio del Qt all’inizio del 2023, come vorrebbe il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, i cui ultimi discorsi si sono focalizzati sulla necessità di partire al più presto con l’operazione. La banca centrale tedesca vuole che la Bce si liberi il prima possibile dei titoli di Stato. La maggior parte degli analisti prevede l’inizio del Qt nel secondo trimestre del 2023.

Un’operazione delicata per i mercati

Il Qt sarà un’operazione delicata per la Bce, che ha già affrontato nella sua storia un ciclo di rialzo dei tassi, mentre non ha mai verificato cosa implichi per i mercati il Quantitative tightening. Il rischio è quello di innescare volatilità e frammentazione. Lane ha perciò evidenziato il Qt che dovrà avere «un approccio costante», operare «in background» e agire in modo «misurato e prevedibile». Su quest’ultimo punto ha insistito anche la presidente Christine Lagarde. Ma i dettagli dell’operazione saranno decisivi.

Le difese a disposizione della Bce

Per contrastare un’impennata degli spread restano a disposizione alcuni strumenti. Innanzitutto lo stock di titoli in bilancio, che è al riparo dalla volatilità dei mercati, sarà ampio nonostante il Qt. Bce e Banca d’Italia per esempio hanno per il momento 446 miliardi di titoli pubblici italiani nel programma App (il quantitative easing dell’era Draghi) e 287 miliardi nel piano pandemico Pepp. Francoforte inoltre reinvestirà fino al 2024 i titoli del Pepp e potrà farlo anche in modo flessibile, cioè concentrando gli acquisti in singoli Paesi. Ma soprattutto a luglio la Bce ha varato lo scudo anti-spread, il Tpi, che potrà essere usato in modo «energico ed efficace», come ha detto Lane, per contrastare frammentazione slegata dai fondamentali economici e da decisioni errate dei governi. Lo scudo Tpi finora ha funzionato senza essere impiegato: lo spread Btp-Bund è calato senza che la Bce abbia avuto bisogno di attivare la prima difesa, cioè i reinvestimenti flessibili del Pepp.

Le conseguenze per gli Stati

A partire dal 2015, quando è iniziato il Quantitative easing per alzare l’inflazione verso l’obiettivo del 2%, gli acquisti netti di titoli della Bce hanno agevolato in misura significativa il compito dei governi. In quasi tutti gli anni da allora l’offerta netta di titoli di Stato sul mercato è stata negativa perché l’Eurosistema ha comprato più bond di quelli netti emessi dai governi. Durante la pandemia i deficit dei Paesi sono stati finanziati integralmente dall’Eurosistema attraverso il Pepp. Adesso il meccanismo sarà rovesciato: con il Quantitative tightening aumenterà l’ammontare di titoli di Stato che dovranno essere assorbiti da investitori privati sul mercato.

Unicredit ha stimato che la Bce non reinvestirà 130 miliardi di titoli l’anno prossimo (di cui 90 bond pubblici), nell’ipotesi di inizio del Qt nel secondo trimestre 2023 e di riduzione del portafoglio App del 5% all’anno, ovvero di circa 15 miliardi al mese. «Non è una quantità particolarmente alta se paragonata alla dimensione totale del programma Bce sui titoli di Stato», ha osservato Francesco Maria Di Bella di Unicredit. In ogni caso, ha aggiunto l’economista, sebbene l’offerta netta di titoli di Stato in Europa sia in linea con il 2022, il Qt farà salire nel 2023 la quantità di bond netti sul mercato da 200 a 500 miliardi, il livello più alto dal 2010 (si veda grafico a pagina 14). Questo potrebbe causare un aumento dei rendimenti, anche se Unicredit si aspetta un impatto limitato su tassi e spread grazie alla cautela che la Bce dovrebbe avere sul Qt e alle difese anti-frammentazione di Francoforte. Come per i tassi, il rischio è quello di accelerazioni non necessarie. (riproduzione riservata)