Le critiche ai tassi negativi si fanno sempre più numerose. Da una parte l'inflazione che non riparte sembra essere la dimostrazione che l'efficacia di questa misura emergenziale inizia a mostrare i suoi limiti, dall'altra sono sempre più evidenti gli effetti collaterali non trascurabili. A essere colpiti infatti non sono solo i conti delle banche, ma anche i risparmi dei cittadini europei, orfani al momento di strumenti di investimento redditizi e sicuri. Un tema quest'ultimo a cui non può essere insensibile la politica. Appare infatti sempre più chiaro che toccare i risparmi degli europei è un boomerang politico che i policymaker temono. Da qui l'idea che la Bce possa cercare un exit strategy, non troppo dolorosa, proprio dalle politiche dei tassi negativi per andare verso una nuova era di tassi a zero. L'idea la illustra una ricrca di Athanasios Vamvakidis di Bank of America Merrill Lynch intitolata "Time to get rid of negative policy rates", ossia (E' tempo di abbandonare le politiche monetarie di tassi negativi".
Vamvakidis sottolinea: "Mentre gli effetti collaterali dei tassi di interesse negativi continuano ad accumularsi, discutiamo della possibilità che le banche centrali possano voler riportare i tassi a zero. Sosteniamo che le banche centrali non dovrebbero preoccuparsi dell'apprezzamento della valuta in questo caso. In effetti, la correlazione tra tassi e cambi delle valute dei G10 è scomparsa. Illustriamo anche prove crescenti che i tassi negativi non influenzano più i cambi."In particolare Vamvakidis cita il caso della Banca centrale svedese Riksbank che fa da apripista, poiché ha iniziato ad allontanarsi dai tassi di interesse negativi, nonostante i dati deboli, mossa dalle preoccupazioni relative agli effetti collaterali che comportanto i saggi negativi. Questa mossa non ha fatto rafforzare la Corona svedese."Poiché Lagarde assume la direzione della Bce, tali considerazioni potrebbero diventare rilevanti anche per lei. Sosteniamo che una forward guidance più forte potrebbe compensare ogni possibile preoccupazione che si arrivi a una valuta più forte se si abbandonano i tassi negativi", dice Vamvakidis.
L'analisi di BofA ricorda che la repressione finanziaria non è necessaria. "L'azione delle banche centrali è stata in alcuni casi l'unica opzione disponibile in alcuni momenti particolari, ma non ha rappresentato una soluzione ai problemi, mentre gli effetti collaterali si manifestano sempre con più evidenza", dice Vamvakidis. Inoltre l'esperto ricorda che la politica monetaria non impatta più sui cambi, in parte perché la sua efficacia mostra dei limiti, in parte perché le mosse delle diverse banche centrali hanno avuto come esito un gioco a somma zero.
"Una politica di tassi negativi può avere più effetti collaterali. Si tratta di una forma di repressione finanziaria, a nostro avviso, che penalizza le banche che non concedono abbastanza credito, mentre allo stesso tempo i regolamenti imposti dalle Autorità non consentono alle banche di essere particolarmente aggressive nel concedere crediti. Se la domanda è debole all'inizio, come ad esempio a causa di una guerra commerciale e di un'elevata incertezza politica in altri settori, i tassi negativi potrebbero peggiorare le cose, riducendo ulteriormente la redditività delle banche", avverte Vamvakidis. Peraltro l'esperto ricorda che "anche se le banche estendessero il credito sotto pressione, la qualità di tale credito potrebbe rivelarsi discutibile, eliminando la disciplina di mercato, compromettendo il portafoglio delle banche a lungo termine e portando a una crescita potenziale inferiore per l'economia nel suo complesso".
Aggiunge Vamvakidis: "Un altro argomento a sostegno dei tassi negativi che sentiamo è che ci vorrebbe molto tempo per riportare i tassi ai livelli storici una volta che una banca centrale inizierà a invertire il trend, il che suggerisce condizioni monetarie più allentate più a lungo. Tuttavia, riteniamo che questo argomento sia strano. Le banche centrali possono sempre aumentare i tassi più rapidamente se le condizioni macroeconomiche e di mercato sono adeguate. Inoltre, le banche centrali possono semplicemente utilizzare una forte forward guidance per ottenere effetti simili".
In particolare Vamvakidis individua un'opportunità per sbarazzarsi della politica monetaria dei tassi negativi. " In autunno si sono verificati due sviluppi chiave che ci fanno credere che questa sia una grande opportunità per le banche centrali di sbarazzarsi dei tassi negativi, senza preoccuparsi di una valuta forte, visti gli effetti collaterali. In primo luogo, a settembre la Bce ha ridotto i tassi di deposito in territorio ancora più negativo e l'euro non ha risposto. Fino a un certo punto, la suddivisione in livelli potrebbe aver compensato l'impatto della riduzione del tasso di deposito, ma se è così, allora perché tagliare in primo luogo?", dice Vamvakidis che aggiunge: "In secondo luogo, la Riksbank ha segnalato nel suo incontro di ottobre che vuole riportare i tassi a zero, nonostante i dati deboli, a causa delle preoccupazioni degli effetti collaterali di quelli negativi, allo stesso il tempo ha rafforzato l'orientamento in avanti promettendo di mantenere i tassi a zero più a lungo, e anche la corona svedese non ha reagito molto. In entrambi i casi, le valute si sono fortemente indebolite quando le banche centrali hanno introdotto tassi negativi e rimangono a livelli così bassi. Tuttavia, ci è ora chiaro che i tassi negativi (e riportando i tassi a zero) non incidono più sui cambi, almeno non nella stessa misura di quando sono stati introdotti".
BofA ricorda che l'assenza di correlazione tra tassi e cambi quest'anno è evidente anche nel caso della Fed. "La Fed è passata dai quattro rialzi dell'anno scorso a tagliare tre volte quest'anno. Il mercato stava scontando due aumenti per la Fed a gennaio, poi è passato a stimare quattro tagli quest'anno e altri quattro l'anno prossimo entro la metà del 2019, e ora sta scontando solo un taglio per l'anno prossimo. Eppure, il dollaro è rimasto sostanzialmente invariato.
BofA ricorda che, a eccezione del franco svizzero, tutte le valute delle economie con tasso negativo sono sottovalutate. "Anche se riportare i tassi a zero provocherà un apprezzamento temporaneo, la maggior parte delle economie può permetterselo, a nostro avviso. In particolare, la Bce ha introdotto tassi di depositi negativi quando l'euro era sopravvalutato: l'euro/ dollaro era a 1,38 rispetto all'1,11 di oggi. In ogni caso i tassi negativi sono stati introdotti per evitare il QE, date le sensibilità politiche, ma quest'ultimo è rimasto a causa delle preoccupazioni che la valuta avrebbe potuto rafforzarsi nuovamente in caso contrario. A nostro avviso, questi argomenti non sono più validi".
"A nostro avviso qualsiasi preoccupazione circa il potenziale inasprimento della posizione di politica monetaria per riportare i tassi da negativi a zero potrebbe essere facilmente compensata con una più forte forward guidance. I nostri economisti hanno a lungo sostenuto che la Bce dovrebbe esplicitamente collegare gli aumenti dei tassi all'inflazione core raggiungendo e mantenendosi al 2%. Se la Bce dovesse azzerare i tassi di deposito e, al contempo, introdurre una foward guidance forte sul fututo, non ci aspetteremmo che l'euro si rafforzi", dice l'esperto di BofA.
Vamvakidis conclude: "Con Christine Lagarde che prende la guida della Bce tali domande potrebbero diventare più rilevanti. Il mercato sembra presumere che Lagarde sarà più efficace nel contribuire a raggiungere un consenso per lo stimolo della politica fiscale e potenzialmente allentare alcuni dei vincoli degli attuali strumenti di politica monetaria della Bce. Tuttavia, dubitiamo che Lagarde farà molto di più che ripetere la richiesta dell'ex presidente Mario Draghi di una politica fiscale anticiclica. Lagarde potrebbe effettivamente sorprendere concentrandosi maggiormente sul miglioramento dell'efficacia delle politiche della Bce, piuttosto che fare semplicemente la stessa cosa. La nostra idea non è che la Bce sotto Lagarde riporterà i tassi di depo a zero, ma vale comunque la pena iniziare a pensare a tale possibilità. Se combinato con una forward guidance più forte, può effettivamente aiutare l'economia, mantenere debole l'euro e aumentare l'efficacia e la credibilità della Bce". (riproduzione riservata)