In attesa di capire quali saranno le scelte del Tesoro e della nuova prima linea di Unicredit, Mps si prepara ad approvare il capital plan da sottoporre a fine mese all’esame della Bce. Domani la materia sarà sottoposta all’esame del consiglio di amministrazione che, sotto la supervisione del ceo Guido Bastianini, potrebbe dare luce verde al documento. Finora il fabbisogno di capitale è stato quantificato in 2-2,5 miliardi. Si tratta, spiegava il piano strategico approvato a dicembre, di fabbisogni «di medio termine e non limitati al Cet1» per coprire un deficit di capitale di 300 milioni al 31 marzo e di 1,5 miliardi a fine 2021.
Secondo quanto risulta il board, assistito da Oliver Wyman potrebbe approvare una manovra in due fasi. La prima sarà l’emissione entro giugno di un bond AT1 dall’importo di circa 500 milioni. Seguirà, sempre nel 2021, un aumento di capitale da almeno 1,5 miliardi su cui il Monte cercherà di prendere tempo in modo da avere più chiarezza sugli impatti della pandemia e sulla direzione che prenderanno le trattative tra il Tesoro ed eventuali pretendenti, messe in stand by dalla crisi politica.
Per la banca senese comunque la strada della privatizzazione resta impervia. I sondaggi svolti negli ultimi mesi si sono arenati, complice anche il passo indietro di Jean Pierre Mustier dal vertice di Unicredit. La banca di piazza Gae Aulenti rimane infatti il principale interlocutore del Tesoro sulla partita e la posizione del futuro ceo Andrea Orcel rimane ancora tutta da decifrare. Anche la data room aperta nelle scorse settimane sotto la regia degli advisor Mediobanca e Credit Suisse sarebbe per il momento rimasta deserta, segno che il dossier non scalda gli animi dei banchieri italiani.
Ecco perché a Roma negli ultimi giorni si è riaffacciata l’ipotesi di un rinvio della privatizzazione. Secondo quanto risulta, l’esecutivo potrebbe chiedere alla Commissione due anni di tempo in più rispetto alla scadenza di fine 2021, concordata al momento del salvataggio. Una scelta giustificabile con l’avverso momento di mercato e con la pesante minusvalenza che oggi grava sulla partecipazione del Tesoro (primo azionista di Mps al 64%). Difficile prevedere l’esito del confronto che, pur alla luce della maggiore elasticità introdotta negli ultimi mesi da Bruxelles, non si preannuncia semplice.