Una manovra salvo imprese
Una manovra salvo imprese
Nel contesto del provvedimento d'urgenza del governo devono essere sciolti ancora nodi fondamentali per le aziende e per la piazza finanziaria: la sospensione temporanea degli ammortamenti, la nazionalizzazione di Borsa Spa e lo scudo su Mediobanca

di Roberto Sommella 09/08/2020 15:24

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Nel grande Zibaldone che è diventato il racconto di tutti i tentativi di uscire dalla crisi, non fanno eccezione i provvedimenti del governo italiano. C'è di sicuro la volontà di portare fuori dalla recessione il Paese, di non dividerlo, di non lasciare nessuno indietro, colpito dall'effetto lockdown, manca una strategia di medio termine. 

Il premier Giuseppe Conte e il ministro Roberto Gualtieri hanno sicuramente fatto bene a varare un nuovo decreto da 25 miliardi di euro che sommato al Cura Italia e al Dl Rilancio fa arrivare a quota 100 miliardi lo scostamento di bilancio e l'indebitamento totale per pari importo. Il pil è caduto quasi del 12% e bisogna innescare subito una reazione, anche se sembrano lontani anni luce i giorni in cui i due uomini forti del gabinetto quadripartito parlavano di misure che muovevano 750 miliardi di euro, usando la leva finanziaria del provvedimento sulla liquidità come se fosse un gioco di prestigio. Quei soldi non c'erano, nella realtà.

Ci sono, invece, questi del decreto agosto, ancora in fase di cottura, approvato dal Consiglio dei ministri venerdì sera e in fase di approdo in Gazzetta Ufficiale chissà quando e in che vesti finali. Molti autorevoli commentatori, da Ferruccio de Bortoli a Carlo Cottarelli, hanno già espresso le loro perplessità su questa manovra estiva fatta di bonus e tanta buona volontà (dal prolungamento della Cig al taglio del costo del lavoro al Sud, fino ad un'idea di giustizia sociale nell'aumento del reddito di emergenza), sottolineando come il debito pubblico arriverà però ben oltre il 160% del pil limite fino a gennaio scorso impensabile.

Quello che manca nel provvedimento che traghetterà l'Italia verso l'autunno, mese delle scelte su come usare i 209 miliardi del Recovery Fund, non è tanto una spiegazione su come l'esecutivo pensa di ricondurre più in basso la curva dell'indebitamento quando finirà il decisivo sostegno della Bce (primavera del 2021), che pur servirebbe, quanto l'incardinatura di tre provvedimenti che molti addetti ai lavori considerano importanti, se non cruciali.

Si tratta dell'avvio di un vero taglio dell'imposizione fiscale sulle imprese (con i 25 miliardi di scostamento si sarebbe potuta cancellare per un anno quasi tutta l'Irap, ad esempio); della sospensione di un anno degli ammortamenti dal punto di vista civilistico, misura fondamentale per alleggerire i bilanci delle aziende e senza alcun impatto sulla finanza pubblica, su cui governo e maggioranza stanno lavorando per inserire una norma se non subito almeno nella sua versione emendata alle Camere (in gioco, come descritto dalla prima bozza del piano Colao, ci sono 300.000 possibili fallimenti nei prossimi mesi); e infine della messa a punto dei limiti all'azione del Golden Power, potere di nazionalizzazione latente - e immanente - in mano a Palazzo Chigi. Su quest'ultimo punto occorre presto una parola di chiarezza dal governo Conte, su come voglia utilizzare lo scudo pubblico in due partite cruciali per l'Italia: il controllo di Mediobanca e dunque di Generali e la nazionalizzazione (che poi è un riacquisto) di Borsa spa.

Su Piazzetta Cuccia nelle ultime versioni del decreto era stata calata la carta del Golden Power, esteso anche per operazioni che determinano solo una consistente "influenza" e non un cambio di controllo nel capitale della merchant bank, come appunto la scalata al 20% della Delfin Leonardo Del Vecchio. Sul punto la maggioranza è divisa e dunque vi è ancora incertezza sulla norma-blindatura, anticipata da MF-Milano Finanza. Per quanto riguarda invece l'operazione borsa tricolore, si attende a giorni un annuncio importante da parte del Mef di un'intesa di "sistema" tra Italia e Francia per la creazione di una grande piazza europea finanziaria alla pari che faccia da centro all'unione dei capitali. Per intendersi, non a guida parigina e che coinvolga Cdp e una consistente cordata di attori nazionali.

Entro Ferragosto dovrebbero sciogliersi almeno due dei tre nodi sul tavolo, relativi agli ammortamenti e a Borsa spa, e così la manovra potrà essere accompagnata da maggiori certezze di politica economica e stabilità finanziaria. L'obiettivi è chiaro a tutti: non passare da una manovra salvo intese ad una salvo imprese, che non tenga conto delle necessità reali delle aziende italiane. (riproduzione riservata)