Confindustria: pil -6% nel 2020, il Dl Cura Italia non basta. Subito gli eurobond
Confindustria: pil -6% nel 2020, il Dl Cura Italia non basta. Subito gli eurobond
La caduta cumulata del pil nei primi due trimestri può arrivare a -10%, ha avvertito il Centro Studi di Confindustria. Previsioni che potrebbero essere riviste al ribasso. Mentre il tasso di disoccupazione risalirà all'11,2% e il deficit-pil al 5%. La ripresa? A partire dal terzo trimestre e in maniera graduale. Quattro proposte per garantire la tenuta del sistema economico italiano

di Francesca Gerosa 31/03/2020 13:35

Ftse Mib
33.940,54 23.50.58

-0,96%

Dax 30
17.917,28 23.50.58

-0,95%

Dow Jones
38.085,80 1.12.42

-0,98%

Nasdaq
15.611,76 23.50.58

-0,64%

Euro/Dollaro
1,0729 0.59.55

+0,08%

Spread
139,26 17.29.51

-1,42

Il Coronavirus affonderà il pil italiano. Nel 2020 il prodotto interno lordo subirà un crollo del 6% portando l'Italia in profonda recessione, secondo il Centro Studi di Confindustria. Un'ipotesi, peraltro, legata al superamento, nel mese di maggio, della fase acuta dell'emergenza sanitaria. Per il Csc nel caso in cui "la situazione sanitaria non evolvesse positivamente, le previsioni economiche andrebbero riviste al ribasso".

D'altra parte, l'economia italiana è stata colpita "al cuore" dal coronavirus. Uno shock che viene dall'esterno, come "un meteorite" e che rischia di provocare una "depressione prolungata" con un "aumento drammatico delle disoccupazione e un crollo del benessere sociale". Ecco perché occorre tutelare il tessuto produttivo e "agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri Paesi si stanno già muovendo in questa direzione", è l'appello rivolto al governo e al mondo politico dal Centro Studi di Confindustria.

"Mai nella storia della Repubblica, è la premessa del Csc, ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni". Questo, secondo gli economisti di Confindustria "è il momento di agire affinché il nostro Paese possa affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l'emergenza sanitaria sarà mitigata".

Bisogna, in primis, tutelare lavoratori, imprese e famiglie "con strategie e strumenti inediti e senza lesinare risorse". Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese "la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata". Non appena possibile, poi, a giudizio di Confindustria, occorrerà mobilitare risorse rilevanti per "un piano di ripresa economica e sociale". In entrambi le fasi "un'azione comune o almeno coordinata a livello europeo sarebbe ottimale; in assenza di questa possibilità, la risposta della politica economica nazionale dovrà essere comunque tempestiva ed efficace".

Anche perché questo shock negativo da Covid-19 ha colpito l'Italia in una fase congiunturale già debole. Il pil italiano è cresciuto a ritmi bassissimi per gran parte del 2019, calando nell'ultimo trimestre. Nel complesso del 2019 è risultato in aumento di un modesto +0,3%. Il trascinamento statistico al 2020 era già negativo (-0,2%). Il deteriorarsi del contesto economico interno e internazionale porta così a prevedere una forte caduta del pil italiano nel primo semestre di quest'anno, nell'ipotesi, appunto, che la crisi sanitaria si prolunghi fino a maggio.

Ad un arretramento del pil del 4% nel primo trimestre, prevalentemente da ascriversi alla diminuzione del valore aggiunto nei servizi, seguirebbe una caduta del 6% nel secondo, quando anche il valore aggiunto dell'industria diminuirà in misura significativa. Ciò per le conseguenze della caduta dell'attività nel terziario, per gli effetti diretti derivanti dalla sospensione della produzione in alcune aree o settori in Italia e per quelli indiretti derivanti dalle misure che sono state introdotte in quelle economie nelle quali la diffusione del Covid-19 è avvenuta con ritardo e che sono più strettamente legate da rapporti commerciali col nostro Paese.

E ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare una percentuale ulteriore di pil dell'ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro. Nelle previsioni del Csc si ipotizza che nel settore manifatturiero saranno attive queste percentuali di imprese nei prossimi mesi: ad aprile 40% all'inizio e 60% alla fine del mese; a maggio 70% all'inizio e 90% alla fine del mese; a giugno 90% all'inizio e 100% alla fine del mese. Con queste ipotesi, la caduta cumulata del pil trimestrale (che è pari a 430 miliardi) nei primi due trimestri arriva a -10%.

Al contempo i i consumi delle famiglie, nella prima metà di quest'anno, risentiranno delle conseguenze dell'impossibilità di fare acquisti fuori casa, ad esclusione di prodotti alimentari e farmaceutici. Il totale della spesa privata crollerà del 6,8%. L'inflazione è attesa in calo allo 0,2% nel 2020. Nel 2021 salirà allo 0,6%. Gli investimenti delle imprese saranno la componente del pil più colpita quest'anno: -10,6%. L'export dell'Italia non verrà risparmiato dal calo generale dell'attività economica (-5,1%).

Anche sul fronte del lavoro l'impatto delle misure di contenimento sarà pesante. Il tasso di disoccupazione risalirà quest'anno all'11,2% dal 9,9% del 2019. Nel 2021, secondo il Csc, tornerà invece a scendere attestandosi al 9,6%. L'occupazione totale, in termini di Ula, nel 2020, calerà del 2,5%. "Solo con soluzioni di salvaguardia dell'occupazione si potrà contenere la distruzione di posti di lavoro", hanno affermato gli economisti di Confindustria stimando che "l'occupazione nel 2020 cadrà dell`1,5% in termini di teste, del 2,5% in termini di Ula e del 3,1% in termini di monte ore lavorate".

E la contrazione dell'input di lavoro impiegato si tradurrà in calo di ore lavorate pro-capite, piuttosto che di posti di lavoro, dipende da una serie di fattori, in parte correlati. In prima battuta, per limitare la distruzione di posizioni lavorative "è cruciale il più ampio ricorso possibile a forme di riduzione degli orari, senza eccessivi oneri aggiuntivi per le imprese, quali smaltimento ferie o utilizzo di congedi parentali da parte di chi abbia oneri di cura di minori". È inoltre "essenziale l'attivazione massiccia e repentina di strumenti di integrazione al reddito da lavoro, in primis la Cassa Integrazione Guadagni, anche in deroga alle regole che definiscono lo strumento e che ne garantiscono, in tempi meno eccezionali, l'impianto assicurativo", ha suggerito il Csc.

Quanto ai conti pubblici, il deficit-pil è stimato al 5% per il 2020 per poi scendere al 3,2% per il 2021. Il dato sconta anche la disattivazione completa, in deficit, della clausola di salvaguardia per un valore di 20,1 miliardi di euro (pari all'1,1% del pil). Mentre il rapporto debito pubblico/pil salirà al 147% quest'anno per l'effetto congiunto dell'ampliamento del deficit legato all'emergenza Covid-19 e della caduta del pil nominale (-5,2%). Nel 2021 si assesterà al 144,3%.

Gli esperti di Goldman Sachs in un rapporto pubblicato oggi hanno previsto, pur data per assodata la grande incertezza che caratterizza questa fase, che il deficit possa salire al 10% del pil in Italia e in Spagna, al 7% in Francia, e infrangere chiaramente la regola tedesca dei limiti all'indebitamento. "Questo spingerebbe il debito al 160% del pil in Italia", ha stimato Goldman Sachs, "e a circa il 120% del pil in Spagna e Francia. Questo deterioramento dell'outlook fiscale solleva timori circa la sostenibilità fiscale nel sud dell'Europa", ha avvertito la banca d'affari americana. 

Un recupero del pil italiano ci sarà, ma a partire dal terzo trimestre di quest'anno e in maniera graduale. L'ipotesi è che le misure restrittive saranno allentate grazie a una frenata nella diffusione del Covid-19, in linea con quanto si sta già osservando in Cina. Il ritorno alla normalità, però, sarà lento, per cui la ripartenza è attesa procedere in maniera limitata rispetto alla caduta: nel secondo semestre si stima una variazione cumulata del pil di circa +6,5 punti percentuali.

Secondo il Csc "un boost importante, sebbene incompleto", è stato rappresentato dall'introduzione di misure anticicliche a metà marzo (circa 25 miliardi di risorse), a sostegno delle imprese e delle famiglie, che contribuiranno a contenere il calo del pil. Il decreto legge, cosiddetto "Cura Italia", ha infatti adottato prime misure per il rafforzamento del sistema produttivo.

Tuttavia, in aggiunta a questo intervento, "è auspicabile che venga definito a breve anche l'utilizzo di risorse di fonte comunitaria, visto che gli interventi che restano da fare per la tutela del sistema sono molti e vanno in diverse direzioni. Nell'ultima settimana è stata anticipata da parte del governo l'intenzione di varare un ulteriore decreto in aprile, di portata analoga a quello di marzo. Di queste misure, al momento, non sono disponibili i dettagli e, quindi, non sono incluse nel nostro scenario di base".

Nel 2021 il pil è atteso in parziale recupero, +3,5%, nell'ipotesi che si abbia un completo ripristino delle condizioni di normalità, dal punto di vista economico, dentro e fuori dell'Italia, anche grazie agli interventi combinati di politica economica messi in atto nei paesi interessati dall'emergenza Covid-19.

Certo che con le imprese a rischio, l'Italia è a rischio. D'altra parte, dall'industria dipendono direttamente o indirettamente un terzo circa di tutti gli occupati nel nostro Paese. Per Confindustria "è urgente evitare che il blocco dell'offerta e il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili, tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi, e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive".

Bisogna evitare che "la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per le imprese che prima dell'epidemia avevano bilanci e prospettive solide". Il decreto legge Cura Italia rappresenta un "primo passo" per la tutela del sistema economico e sociale, ma "la dimensione degli interventi è largamente insufficiente, anche tenendo conto delle risorse messe in campo da altri paesi europei e non".

Occorre mettere in campo risorse molto più ingenti per "rafforzare massicciamente la diga a difesa della nostra economia" anche con "strumenti innovativi". Da qui l'invito al governo a fare di più. In Italia "gli interventi auspicabili sono molti e vanno in diverse direzioni". È stata anticipata da parte del governo l'intenzione di varare "un ulteriore intervento in aprile, di portata analoga a quello di marzo (circa 25 miliardi), di cui però al momento non sono disponibili i dettagli sulle singole misure".

Il Csc ha stimato che, se le nuove misure in cantiere fossero analoghe a quelle del primo intervento e finanziate integralmente con risorse europee, si potrebbe avere, a parità di altre condizioni e nello scenario di ripresa delle attività produttive delineato sopra, un minor calo del pil in Italia nel 2020 per circa 0,5 punti rispetto allo scenario di base, senza impatti sul deficit pubblico.

Secondo gli economisti di viale dell'Astronomia "è cruciale che si definisca fin d'ora il quadro delle prossime azioni, necessarie per restituire fiducia a famiglie e imprese, rispetto a un percorso di salvaguardia del sistema produttivo da un evento così profondamente negativo. Il nostro Paese deve muoversi subito, con una ingente dotazione di risorse volte a generare effetti positivi per tutte le imprese italiane". Occorre attivare un flusso di liquidità che "consenta di diluire nel lungo termine l'impatto della crisi per le imprese, senza appesantire eccessivamente il debito pubblico".

Confindustria ha, quindi, definito una serie di proposte per garantire la tenuta del sistema economico italiano. "Solo se si mantiene in efficienza la macchina dell'economia, per quanto al momento quasi ferma, sarà possibile rimetterla in moto subito, al termine dell'emergenza sanitaria", ha indicato. Queste azioni devono comprendere: un piano anti-ciclico straordinario, finanziato con risorse europee; interventi urgenti per il sostegno finanziario di tutte le imprese, piccole, medie e grandi; strumenti di moratoria e sospensione delle scadenze fiscali e finanziarie; un'operazione immediata di semplificazione amministrativa, per rendere subito effettiva l'azione di politica economica.

Ma anche le istituzioni europee "sono all'ultima chiamata per dimostrare di essere all'altezza della situazione". Le prime azioni messe in campo vanno accompagnate da un "cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata", ha incalzato il Centro Studi di Confindustria, osservando che in Europa, "dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. I massicci interventi della Bce, che hanno fermato per ora l'impennata dello spread sovrano per l'Italia; la sospensione di alcune clausole del Patto di Stabilità e Crescita, per la finanza pubblica; le misure temporanee sugli aiuti di Stato".

Tuttavia, queste azioni "vanno accompagnate con un cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata". L'Europa, insomma, è chiamata a compiere "azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere duraturamente sul nostro modello economico e sociale". Già la crisi dei debiti sovrani del 2011, a giudizio degli economisti di Confindustria, aveva mostrato le criticità dell'architettura della casa comune europea. "I limiti dell'assetto della governance europea sono nuovamente evidenziati dall'attuale crisi sanitaria. Il piano proposto finora dalla Commissione Ue", ha concluso il Csc, "è poca cosa e come al solito lascia ai singoli paesi la responsabilità di gestire la crisi. La sospensione del Patto di stabilità è emergenziale, indispensabile ma insufficiente".

Anche Goldman Sachs ha sottolineato l'importanza della condivisione del rischio. "Le nostre simulazioni sottolineano l'importanza di un meccanismo efficace di condivisione del rischio che fornisca un backstop di ultima istanza per i paesi con una posizione fiscale debole", ha rilevato Goldman Sachs, ricordando le discussioni in atto sulla possibilità di emettere coronabond o di utilizzare il Mes attivando al tempo stesso l'Omt della Bce e osservando come "gli ostacoli politici per un'emissione comune appaiono alti in quanto apparirebbe come una mutualizzazione del debito agli occhi dei paesi del nord. Ci aspettiamo che i paesi dell'eurozona troveranno un accordo sull'utilizzare una linea di credito del Mes con una condizionalità limitata che, insieme all'Omt, sarebbe in grado di offrire un backstop efficace per l'eurozona. Nel frattempo ci aspettiamo che il programma di acquisti pandemici di emergenza della Bce contribuisca alla sostenibilità del debito contenendo i rendimenti dei bond nel Sud dell'Europa". (riproduzione riservata)