Il ritorno delle dinastie
Il ritorno delle dinastie
Le grandi famiglie scalano posizioni nella classifica della ricchezza borsistica. I Benetton e gli Agnelli si accodano a re Del Vecchio, mentre Berlusconi rientra nella top 10. La borsa milanese è avara con i magnati stranieri

di Francesco Bertolino 17/08/2019 02:00

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La ricchezza in Italia è sempre più un affare dinastico. Dopo alcuni anni di purgatorio le grandi famiglie industriali hanno infatti riconquistato le posizioni che contano nella classifica dei 562 Paperoni italiani (in tabella sono pubblicati i primi 200), che nel complesso si scoprono però più poveri rispetto all’anno scorso: il valore delle loro partecipazioni è sceso del 16,1%, da 155 a 130 miliardi. Tornano così sul podio dei nababbi di borsa - al terzo posto - le famiglie Agnelli-Nasi-Elkann, forti di un patrimonio di oltre 7,5 miliardi, cresciuto del 7,2% fra il 10 agosto 2018 e il 9 agosto di quest’anno. Oltre alla buona performance della cassaforte Exor (+5,5% nell’ultimo anno) la dinastia guidata da John Elkann deve ringraziare soprattutto l’effetto CR7 sulla Juventus, che ha portato il titolo a segnare un rialzo del 70% in 12 mesi e la società a guadagnare 600 milioni di capitalizzazione, in parte compensando i cali di Fca e Cnh.
In seconda posizione figurano invece i Benetton. Nonostante il leggero calo del loro patrimonio borsistico (-3,8% a poco più di 8 miliardi) la famiglia di Ponzano Veneto ha saputo approfittare del crollo di altri Paperoni. Merito della rimonta di Atlantia, la holding che controlla Autostrade per l’Italia: dal minimo di 17,29 euro toccato lo scorso 5 settembre dopo il crollo del Ponte Morandi e con l’incombente minaccia di revoca delle concessioni autostradali il titolo ha recuperato oltre il 30% grazie all’apparente allentamento delle tensioni con il governo.
Torna nella top 10, dopo la sorprendente esclusione dell’anno passato, la dinastia Berlusconi, il cui fondatore Silvio è stato per anni - tra il 1996 e il 2004 - il re indiscusso di Piazza Affari. Cavaliere e famiglia hanno beneficiato soprattutto del balzo di Mediaset, (+11%), spinta dalle ambizioni di m&a internazionale, che ha permesso loro di tornare in nona posizione.
Difficilmente però Silvio Berlusconi riuscirà a sedersi di nuovo sul trono dei Paperoni di borsa, occupato da ormai sette anni da Leonardo Del Vecchio. Il deposito del presidente esecutivo del gruppo italo-francese EssilorLuxottica è pressoché invariato e contiene un patrimonio di oltre 20 miliardi, quasi il triplo degli inseguitori Benetton.
L’Italia continua insomma a essere una Paperopoli senza Rockerduck: nessuno sembra poter insidiare il primato dell’84enne Paperon Del Vecchio. Anzi, nell’ultimo anno alcuni suoi «rivali» storici hanno perso terreno. È il caso della famiglia Rocca, che ha perso il podio scendendo dalla seconda alla quarta posizione. I fratelli Gianfelice e Paolo hanno visto ridursi il patrimonio di un terzo da 10,7 a 7,2 miliardi pagando i tormenti borsistici di Tenaris, quelli giudiziari di Paolo Rocca, quelli politici dell’Argentina, nonché il calo delle quotazioni del petrolio.
Perdono la medaglia, piombando dal terzo al settimo posto, anche i coniugi Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, che dopo aver incrementato l’anno scorso la loro fortuna di oltre un terzo superando gli 8,5 miliardi grazie alla cavalcata di Prada in borsa, nell’ultimo anno hanno perso altrettanto e visto il loro patrimonio ridursi a 5,8 miliardi. Fra dazi e rallentamento dell’economia cinese, del resto, sono stati 12 mesi difficili per lusso e moda, uno dei settori trainanti di Piazza Affari. E se l’anno scorso fra i primi 50 ricconi italiani figuravano 10 Paperoni del lusso, oggi il loro numero si è ridotto a 6, quasi tutti un po’ più poveri: oltre ai coniugi Prada nella top 50 figurano il patron di Moncler Remo Ruffini (-5% a 2,4 miliardi di patrimonio borsistico), la famiglia Ferragamo (-23% a 1,4 miliardi), Diego e Andrea Della Valle (-6,7% a 1,2 miliardi) e Brunello Cucinelli (che con un -22,8% scende sotto il miliardo in borsa, a 977 milioni). Non passano invece mai di moda i fratelli Nicola e Paolo Bulgari, che grazie alla partecipazione nel gigante francese Lvmh (+16% nell’ultimo anno a Parigi) hanno incrementato ancora la loro fortuna di oltre 300 milioni arrivando a 2,2 miliardi (+21,9%).
Non sorride invece un altro Paperone italiano da esportazione, Stefano Pessina: il patron e ceo di Walgreens Boots Alliance ha visto il suo patrimonio borsistico scendere da 8,3 a 6,8 miliardi (-17,7%) per via della negativa performance del colosso delle farmacie a Wall Street (-30% nell’ultimo anno).
Piazza Affari del resto è stata altrettanto avara con i Paperoni stranieri che hanno deciso di puntare sulle quotate italiane. La centrifuga di Unicredit (-32,8% quest’anno dopo il -28% dello scorso) ha così ristretto il portafoglio dell’emiro di Abu Dhabi, Khalifa bin Zayed Al Nayhan, che tramite il fondo Aabar detiene poco più del 5% della banca italiana. Ceduta a Hitachi la quota in Ansaldo, Paul Singer ha invece sensibilmente ridotto l’esposizione del fondo Elliott a Piazza Affari: il patrimonio borsistico italiano dell’attivista vale ora 677 milioni (-58,9%), tutti impegnati nella campagna in Telecom contro il patron di Vivendi Vincent Bolloré (1,1 miliardi la sua foruna, +3,7%)
Se il settore della moda ha segnato il passo negli ultimi 12 mesi, quello delle biotecnologie è in costante ascesa, come dimostra l’ingresso nella top 10 dei Paperoni del presidente di Diasorin, Gustavo Denegri, con un guadagno di otto posizioni. Grazie al balzo di Diasorin la famiglia Denegri – che controlla il 56,9% della società - vanta oggi un patrimonio borsistico di 3,4 miliardi, in crescita del 58,3%. Continua la scalata in classifica, salendo al 10° posto, anche Anna Maria Formiggini, che ha accumulato 3,1 miliardi nel suo deposito (+17,5%) grazie alla cavalcata della società di cui è azionista di maggioranza, Amplifon.
Risultati variabili invece per gli altri capitani d’industria italiani. Per esempio, può brindare anche quest’anno a un posto nella top 10 - il sesto con 5,9 miliardi (+8%) - Luca Garavoglia grazie ai risultati di Campari. Sempre più Paperoni infine le famiglie Gavio (2,2 miliardi, +35,8%), Vacchi (1,4 miliardi, +16,3%) e Falck (+72,6% a 664 milioni grazie al balzo di Falck Renewables a Piazza Affari). Soffre invece la crisi del settore automobilistico il fondatore di Brembo, Alberto Bombassei che vede la sua fortuna scendere del 26,6% a 1,5 miliardi. Ha perso un miliardo in borsa Giuseppe De’ Longhi, presidente dell’omonimo gruppo, che ha visto sfumare oltre un terzo del patrimonio borsistico (-37,8%), scendendo da 2,6 a 1,6 miliardi.
Le buone performance delle utility in borsa, infine, fanno felici gli enti locali, che vedono quasi tutti incrementare il valore delle loro quote (si veda tabella in pagina). Grazie al +29,5% di Acea il comune di Roma si conferma capitale anche degli investimenti a Piazza Affari. (riproduzione riservata)